

Le "parole – chiave" di Gesù sulla croce
e gli scritti di Sant’Agostino Roscelli
La meditazione della Passione del Signore occupa un posto centrale nell’esperienza spirituale di S. Agostino Roscelli e, di conseguenza, delle Suore dell’Immacolata. Se si esaminano a fondo le istruzioni ed omelie del Santo si rinvengono facilmente riferimenti, accenni, esempi che richiamano alla mente la Passione di Gesù e ciò che in essa è significato: l’Amore che sa dare la vita al di là di meriti, pregi, virtù della creatura umana, l’Amore gratuito, incredibilmente gratuito che lega la creatura al suo Creatore.
"Se noi fissassimo spesso il nostro pensiero sui patimenti atroci
che Gesù sofferse per noi e sulla grandezza dell’amore che ci porta,
dico che si spezzerebbe la durezza del nostro cuore
e cominceremmo ad amare un Dio che tanto ci ama" (Mns. 3° pg. 14)
"Per cominciare ad amare un Dio che tanto ci ama" l’itinerario spirituale del Roscelli segue la via della "passione" di Dio per l’uomo, quella passione che dall’alto della croce si rivela come sguardo e parola di perdono, di benevola misericordia: "Padre, perdonali: non sanno quello che fanno"
E il santo contemplando questo sguardo commenta:
"La giustizia che inesorabilmente condanna e la misericordia che pietosamente perdona si abbracciano, si baciano ed insieme trionfano: noi siamo collocati al posto di Gesù e Gesù rimane al posto nostro. (Mns 4° pg. 84)
Il cuore umano abitato dallo sguardo mite, umile, fedelmente amante del Cristo non può non riempirsi di senso: l’uomo non è mai un fallimento, non è principalmente e solo un cumulo di difetti e miserie, ma la creatura amata teneramente, sapientemente redenta, umilmente resa capace di amare. Ecco perché gli inviti del santo seguono sempre la direzione del "temere di sé e sperare in Dio" (cfr. Mns 2° pg. 59): l’uomo amato, riconciliato, redento, se vuole, può alzare lo sguardo, guardare il Crocifisso e lasciarsi penetrare dalla sua parola di salvezza: "Oggi sarai con me in Paradiso"
"Non ci dobbiamo più considerare come nostri, poiché – dice S. Paolo – siamo stati ricomprati da Gesù Cristo a prezzo di tutto il suo Sangue. Se viviamo, dobbiamo vivere per Lui; se moriamo, dobbiamo morire per Lui; sia morendo che vivendo, dobbiamo essere sempre di Lui, nostro Signore."(Mns. 1° 231)
Essere sempre di Lui: la pienezza di vita nello scorrere del vissuto quotidiano sta nel sentirsi non in balia di se stessi, ma di appartenere a Qualcuno, all’Uomo della Croce, all’uomo che ben conosce il patire, la fatica umana, la fatica del "Fiat" fedele, generoso, paziente, quotidiano. Il Roscelli segue allora la strada del "lasciarsi affidare", del "mettersi nelle mani di", di chi sa e conosce l’esile voce del cuore, di chi, discepola, ha accolto la voce del Maestro: "Donna, ecco tuo figlio", di chi sa comprendere le ragioni del cuore, sa fermarsi a guardare il cammino, gli eventi, gli avvenimenti, sa sostare, perseverante, sotto la croce. E’ ancora uno sguardo contemplativo che incontra il Roscelli, uno sguardo capace di generare.
"Chi può comprendere l’angustia di una tale madre che, sotto il patibolo di un tale Figlio, lungamente persevera né mai cerca un conforto o una tregua al suo dolore?... Sue erano le piaghe del figlio, suoi la sete e l’agonia; sua la morte …"
"a noi basta che ella ci abbia accettati per figli e che noi possiamo chiamarla con il dolce nome di Madre." (Mns 3° pg. 183; 184; 185)
Essere sempre di Lui: è il filo rosso che percorre la storia del santo Roscelli e delle sue suore; essere di Lui in ogni momento e generare, sull’esempio di Maria, quando umanamente tutto sembra finito, vivere l’abbandono più grande come il culmine, il momento più alto della propria paternità, maternità; è fede pura ed è a questa fede che Agostino tende: la fede che non sta in semplici espressioni del cuore, ma che viene alla mano, che genera, che vive la fatica dell’abbandono, "Dio mio, perché mi hai abbandonato", prima di "riposare tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre"
"Sono addolorata al punto di credermi abbandonata da Dio? Ecco che il mio Redentore soffre pure: desolazioni, agonia di morte e dalla croce si lamenta che Dio, il suo Dio lo abbia quasi abbandonato" (Mns 1° pg. 63)
"Ho sete"! E’ il grido del limite umano che acconsente alla chiamata di Dio, potremmo dire al grido silenzioso di Dio. E’ la riluttanza umana che si incontra, scontra con la delicata discrezione di Dio.
"Nessuno, dice Gesù Cristo in S. Giovanni, può rivolgersi a Dio, se Dio stesso non lo attira a sé. Non che ci costringa e ci tragga a sé per forza, ma ci attira con dolcezza e carità … con la misericordia, rispettando in noi quella libertà che Egli stesso ci ha donata: ci attira, ma non ci sforza." ( Mns. 3° pg 36 – 37)
Ed è sempre la benevola misericordia di Dio ad aprire un varco: tutto parte dalla misericordia, tutto torna alla misericordia, tutto si compie nella misericordia. E’ un continuo esodo, un uscire da sé per farsi incontro ogni giorno, per tessere storie di misericordia, per esserci, "con discrezione" e collocarsi al proprio posto, quello giusto, quello pensato per me dall’eternità e che solo potrà farmi esclamare alla sera della vita: "Tutto è compiuto".
"Cerchiamo di imitare Gesù nella sua esatta obbedienza nell’eseguire il volere del Padre e allora adempiendo sempre il divino beneplacito, potremo in vita dire, come Lui, di fare sempre come a Dio piace e in morte potremo con Lui consolarci di averlo sempre fatto. "Consummatum est" (Mns. 1° pg.21)
L’itinerario dell’Amore incredibilmente gratuito porta ad un abbandono affettuoso, una resa consapevole, libera nelle braccia del Pastore buono che "porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri". E’ l’esperienza del Roscelli che sulle orme del Cristo Crocifisso Risorto impara a ripetere nelle umili circostanze della vita umana: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito"
"Chi è costui che si è lasciato uccidere per nostro amore e che, morendo, ci ha dato la vita?...
… in verità è il Pastore così buono che dà la vita per le sue pecorelle … Egli non muore per esse alla cieca, non muore senza affetto, ma conoscendole tutte indistintamente, tutte singolarmente le ama." (Mns 1° pg. 141)
E la parola ultima può ben a ragione essere come per il Cristo così per il Roscelli e per la suora immacolatina, ogni giorno, : "Non muore senza affetto"! Non si dà, non si consegna senza affetto!
Sr. M. Luisa Peronespolo